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Negli ultimi anni la mappa degli equilibri geopolitici mondiali è vistosamente mutata. Il "momento unipolare" è finito. Emergono nuove potenze che obbligano gli Stati Uniti ad aggiornare le proprie strategie di politica estera. Ed è proprio quello che sta cercando di fare il presidente Barack Obama, gravato però da una pesante eredità. Con l'invasione dell'Iraq, infatti, l'immagine e la legittimità degli Stati Uniti sulla scena internazionale si sono incrinate. La devastante crisi finanziaria del 2008, d'altra parte, ha scatenato la peggiore crisi economica dai tempi della Grande depressione e ha offuscato il modello di capitalismo che negli anni del boom gli Americani hanno cercato di imporre al mondo intero. Di fatto, gli Stati Uniti si trovano a un bivio e c'è perfino chi si chiede se in questa epoca di cambiamenti rivoluzionari, caratterizzata soprattutto dall'ascesa della Cina e, in modo diverso, dell'India, l'America potrà ancora essere considerata la "nazione indispensabile", come una volta è stata definita da Madeleine Albright. Ripercorrendo la storia della politica estera americana da George Washington a Barack Obama, Diego Gilardoni analizza questi temi sullo sfondo di un'ampia prospettiva temporale e si spinge fino a delineare alcune ipotesi sul futuro di un Paese che, a suo giudizio, è comunque destinato ad assumersi ancora per un bel pezzo le responsabilità proprie della sua posizione storica di leader mondiale.